sabato 18 aprile 2015

Un weekend a Trieste - consigli "foodie" su vitto e alloggio



Perché un weekend a Trieste che è così lontana da Roma? Perché è una delle poche città in Italia con una piscina per i tuffi degna di questo nome e perché le mie bimbe sono piccole tuffatrici. Così, per seguire la trasferta agonistica di Elena, mi sono ritrovata a Trieste per un fine settimana intero. C'ero stata l'ultima volta per lavoro diversi anni fa e il fatto di doverci tornare per l'occasione sportiva e girarmela un po' con la famiglia l'ho preso come una bellissima vacanza inattesa. E bellissima è stata, a partire dal tempo che, a metà marzo, ci ha regalato giornate miti per massacrarci di fatica girando a piedi il centro montagnosissimo della città. Trieste ha un fascino un po' riservato e viste bellissime, a me è sempre piaciuta,  ma quello di cui voglio parlarvi è ben altro. Voglio dirvi di un posto speciale e raro nel quale alloggiare e di un paio di locali dove mangiare davvero fino. Consigli per foodies e amanti del buon vivere. Converrete con me che non è facile girare con una famiglia di cinque persone senza spendere troppo ma alloggiando comodi. Ogni volta che ci spostiamo, la ricerca della base d'appoggio tiene occupato mio marito sul web per giorni e ormai ha maturato una certa esperienza nel trovare i posti migliori. Per Trieste, ha scovato un magnico B&B, il Tre Rose,
un gioiellino di un solo, unico appartamento! E' stata una sorpresa fin dall'arrivo. Era in pieno centro storico, su una viuzza adiacente le mura del Castello di S. Giusto proprio sul cucuzzolo della città e noi venivamo da ore e ore di guida, già pronti a morire per trovare un parcheggio in una zona così centrale mentre ci inerpicavamo nel traffico verso la meta... ma... abbiamo subito ricevuto in dono un posto auto imprevisto dietro il cancello della bella villetta d'epoca dove ci stavano aspettando. L'appartamento è molto più spazioso e curato di quanto possa sembrare in foto, l'intero piano inferiore della villetta con posti letto in quantità, una bella cucina e un bagno di dimensioni imperiali con docciona idromassaggio. Si ha a disposizione un piccolo giardino privato, panche e tavoli da esterno, l'occorrente per il barbecue se se ne ha voglia, il tutto a un prezzo inferiore a quello di una camera d'albergo. Se aggiungete che si è gli unici occupanti e la pace è assoluta, è una vera pacchia, una casetta propria ben arredata al centro del centro della città e con l'auto al sicuro dalle malizie della polizia municipale. I proprietari sono dei gentilissimi signori italo-sudamericani che vi accoglieranno nel loro salotto per una colazione abbondante e una piacevole conversazione. La signora è un'artista, i suoi quadri e gli altri raccolti in giro sono ovunque, e l'arredamento semplice, di gusto e coloratissimo dell'alloggio degli ospiti ne è una prova. Per chi va a Trieste, è il posto dove soggiornare. Solo, non provateci quando servirà a me perché sono disposta a combattere per quell'unica stanza!
Sulla cartina, che notoriamente è piatta, la città da visitare non è molto vasta, ma le strade di Trieste, con pendenze medie superiori al 10%, alla lunga si fanno sentire se non avete l'abitudine alla montagna. E l'appetito si regola di conseguenza. Non potevamo aver fatto tanta strada per soddisfarlo in maniera non foodie e allora solita full immersion in guide, web e consigli per trovare qualcosa degno di essere esplorato. La prima sera, colti un po' alla sprovvista dall'arrivo a tarda ora, ci siamo limitati a una semplice trattoria di pesce in zona, l'Osteria de Scarpon, che la gente del luogo dà per buon ristorante e che un foodie può giudicare un posto onesto: pesce fresco, preparazioni base, portate abbondanti, vino... tralasciamo... e prezzo adeguato. Irene, comunque, ha avuto modo di stupire i proprietari spazzolandosi un bel tegame di spaghetti allo scoglio... commentando "buoni, ma un po' salati".
Il giorno dopo, però, presa la mano con la città e spizzando curiosi dentro le sale dei ristoranti del centro durante la passeggiata mattutina, ci siamo regalati una cena alla Chimera di Bacco, in pieno centro storico, dietro piazza dell'Unita (un vero spettacolo, di notte!). Qui, cominciamo a capirci. Il posto passa come uno dei migliori ristoranti della città, forse il migliore, e siamo ai livelli di un serio locale di Roma, non ai vertici certo, ma di buon livello.
Il locale è abbastanza elegante, frequentato da uomini d'affari, amanti della buona cucina, sloveni con i soldini e con belle compagnie femminili da coccolare e... una famiglia. La strana presenza delle bambine ci rende simpatici a camerieri e maitre (che è una signora), che ci tratteranno benissimo per tutta la sera. I cibi sono all'altezza del nome, i crudi di pesce freschissimo meritano il plauso delle mie figlie. Per il resto, proviamo un po' di tutto: il baccalà desalato servito in gazpacho di San Marzano e croccante di riso al nero di seppia, il gratin di capesante agli asparagi verdi che Irene mi ha fatto appena assaggiare, il polpo croccante cotto sottovuoto a bassa temperatura con le patate, l'ombrina sfilettata con sale di Pirano aromatizzato alle erbe e molto altro, accompagnando il tutto con un piacevolissimo prodotto enologico locale, un Prulke 2012 - Zidarich. Il vino è un  blend di sauvignon, vitovska e malvasia, tipicamente carsico nella mineralità, un oro lievemente torbido - è un "non-filtrato" - come colore, profumi intensi di fiori e frutta, sapido, fresco e morbido: ci ha reso meravigliosa la cena in perfetto abbinamento con lo stile della cucina. Poi sono arrivati i dolci e le bambine si sono scatenate, con porzioni multiple di di flan al cioccolato fondente e di zabaione tiepido al passito di Pantelleria (per i romani: 'na meravija!). Io ho apprezzato soprattutto il semifreddo al pistacchio in zuppa di albicocche, forse il dessert più originale del lotto, abbinandolo a qualche altra chicca alcolica che però, giunta a quel punto, ho dimenticato di annotare. A conti fatti, una cena di livello per un prezzo pari alla qualità assoluta degli ingredienti e alla buona preparazione, la mia anima foodie ne è uscita soddisfatta e senza che io lacrimassi sulla spesa.
Per l'ultima sera in città ci siamo riservati un altro nome, meno rutilante forse, ma alla prova dei fatti ugualmente di buona sostanza: Walter Zacchini e la sua Bottega di Trimalcione. La posizione del locale non è così centrale come per La Chimera, così come la sala e gli arredi non possono tenere il confronto. Ma se alla Chimera prevale l'organizzazione e la professionalità di un locale di lusso, da Trimalcione abbiamo trovato un vero artigiano. Walter ci ha seguiti e consigliati per tutta la cena, conosce i prodotti che offre alla perfezione e si vede che la scelta degli ingredienti è frutto di amore e ricerca di anni. Se mangiate da lui, dovete seguirlo. Lasciate che si occupi di farvi godere della sua cucina, fatevi presentare i piatti, fatevi consigliare i vini e non ve ne pentirete. I crudi di pesce sono forse anche più particolari che alla Chimera, alcuni piatti, come l'insalatina di lattume di seppia, le capesante e i canestrelli o il savor di alici alla chioggiotta, non li dimenticherete. E poi, il piacere di avere a tavola con voi l'artefice dei piatti e condividere con lui gusti e opinioni non ha pari per una appassionata di gastronomia come me. E' stata una serata di vero gusto. Il conto? Be', anche in questo caso perfettamente in linea con ingredienti e arte. 

Post scriptum
Ho ritrovato solo ora gli appunti sui vini serviti da Walter Zacchini con i suoi piatti. Un apprezzabile Spumante Brut "Cuvée Solicum" - Colli del Soligo con piacevoli sfumature di lieviti come accompagnamento per i crudi e un Moscato Giallo 2013 - Bruno Lenardon sui piatti più complessi. Quest'ultimo è una prova ulteriore della cura dello chef nella ricerca di eccellenze locali. L'azienda agricola, che produce olio e vino con vitigni propri del Carso, è una piccola realtà della zona poco conosciuta al di fuori del territorio, ma il vino era ricco di profumi e di note di gusto preziose. Un vino di buon valore, ma non credo sia facile trovarlo al di fuori delle regione.
Alla fine, come accompagnamento per il dessert, ci siamo fatti servire un Picolit D.O.C.G. Colli Orientali del Friuli - Tenuta di Angoris che si è dimostrato un vero gioiellino enologico, ricchissimo di sensazioni di frutta fresca, secca e candita, con note speziate sia al naso che all'assaggio. Delle tre bottiglie, senz'altro la mia preferita.

2 commenti:

  1. ma poi Trieste dev'essere stupenda! io non ci sono mai stata, ma mi piacerebbe davvero tanto! e meravigliosa lo è anche quella signorina (beata lei) davanti a quei generosi piatti pi pesce :-)

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    1. Si, è proprio una bella città. Con attrattive più nascoste e meno sbandierate che in altre città italiane, ma da non perdere. Piazza dell'Unità è una delle più grandi piazze sul mare, confina direttamente con le acque e ha architetture stupende... ben tenuta e meravigliosamente illuminata la notte sembra un posto da favola. Ogni volta che ci passo me ne innamoro. Trieste vale sicuramente un weekend, se ti capita...
      ... e Lucrezia, con in gamberoni, in effetti si è davvero gustata la serata da Trimalcione.

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